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La genesi dell’autorità genitoriale. Il figlio lo sentono nell’amore.
Lo sentono esclusivamente suo di loro. I motivi li
fanno convinti. Il figlio, lui pure ha il suo sentire.
Attendono che si senta di loro. Comunione egoistica che
vuole il figlio piacevole. Ma oggi non è più così, ed ecco
l’odio dell’autorità egoistica

Anche l’autorità, secondo bene inerente, dobbiamo
lasciarcelo odiare?
1) Ne abbiamo fatto la presentazione. È lo scorrimento di
se stessi nei figli; prima fisiologico, poi intellettuale,
morale e religioso.
2) Ne abbiamo stabilito il confronto con l’autorità divina,
vista alla luce Pneumatica nuova nel talamo eternale,
nel talamo metamorfosale e nel talamo umano.
Ve l’abbiamo trovata così: è lo scorrimento nella persona
dello spirito di amore del Padre Agentato, vivibile e moribile.
L’Agente Paterno realizza la sua vivibilità con una
concezione battesimale. Satana realizza la sua moribilità
mandandomelo in malattia, e quindi alla morte dell’amore.
Da quel confronto sono emerse due autorità: la divina
che è sacrificale, l’umana niente affatto sacrificabile, piuttosto
invece sacrificante. La divina si lascia sacrificare,
l’umana sacrifica gli altri. Sacrificale; sacrificante.
L’umana è contraria alla divina.
A questo punto non c’è che da domandarci: ‘Chi mai
l’umana ce l’ha fatta contraria alla divina?’. Seguiamo la
genesi dell’umana. Ci poniamo davanti alla famiglia: si
compone di genitori e di figli. I genitori lo sentono il
figlio, e lo sentono nell’amore. Lo sentono talmente suo di
loro, da rasentare l’esclusione perfino di Dio: esclusivamente
di loro deve essere il figlio. Questo viene alla luce
quando un figlio cade in morte fisica. Con quella vita crolla
pure la fede dei genitori, che accusano Dio di inaudita
crudeltà: giù le mani da mio figlio! E non è che manchino
i motivi per sentirlo esclusivamente suo di loro:
1) Il figlio l’hanno voluto loro, e per sé.
2) L’hanno accresciuto.
3) L’hanno avviato alla vita personale e sociale.
4) L’hanno inserito nell’attività professionale.
5) Lo hanno difeso da ogni urto con il reale.
Lo sentono quindi crescentemente suo di loro, loro proprietà.
Il figlio non è una cosa, un oggetto che sentono
solo e oggettivamente come il loro.
È una persona che si va evolvendo, capace di un suo sentire.
I genitori attendono decisamente che il figlio si senta
loro. Io lo sento mio, e mi attendo che anche lui si senta
mio. Una comunione a senso unico, non alternato.
Mentre la comunione vera dà un sentire alternato: io mi
sento tuo, perché tu ti senta mio (oggettivamente e soggettivamente
nostro). Quel sentire, nella madre è doppio, in
rapporto a quello del marito.
Lo sente suo il doppio. Una simile comunione a senso
unico si qualifica egoistica, e quindi di morte. Il figlio
deve sempre dare piacere ai genitori, perché loro se lo
vogliono perfettamente godere.
Lo vogliono affezionatissimo allora, rispettoso fino alla
ammirazione, alla adorazione e alla devozione più piena.
Devotissimo ai suoi genitori in tutto e dappertutto, in
modo che la sua somiglianza con loro dia ad essi il massimo
di piacere. Lo scorrimento allora acquista la portata di
un fiume in piena. Nessuno se ne accorge di quella comunione
infernale; anzi, diventa il vanto dei genitori: ‘I miei
figli, mi vogliono bene tutti quanti!’.
E non se ne accorgono neppure che i figli, per dare una
simile impressione adoperano un carico enorme di menzogna
e di finzione. E i genitori intanto se ne vanno contenti
di quella corona di figli devota falsamente a loro. Per
buona fortuna casi come questi sono rari.
Normalmente l’inganno viene a galla quando i figli rifiutano
lo scorrimento. Tanto di amore per sé, altrettanto di
odio. Nasce il comando, la minaccia, il castigo; prodotto
dall’amore di odio.

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